lunedì 3 ottobre 2011

Basilicata: un paese per vecchi

La Basilicata rimane una di quelle regioni che con il passare del tempo perde sempre più giovani. La cosa che ci fa pensare è che molti di questi giovani non sono più i giovani diplomati che vanno via per studiare fuori, alla ricerca anche di un po' di indipendenza. Molti sono trentenni, con un alto livello di studio, intelligenti, accattivanti e geniali. La nuova generazione che dovrebbe e potrebbe trasformare la nostra regione dandogli ricchezza e idee.
Se ne sentono tante di storie di lucani che vanno via e diventano qualcuno, fuori dalla propria regione e fuori anche dalla stessa Italia. Questi giovani potrebbe essere la leva di lancio di una regione che ormai ha poco da mostrare e tanto da cambiare.
Ma a cosa pensa la classe dirigente che siede stabilmente nelle poltrone della ragione e dei comuni? Purtroppo ho visto disinteresse verso le politiche giovanili e verso le attività dei giovani. Tanti sono i giovani che siedono nelle poltrone del potere della nostra regione ma sono tutti totalmente ignari di quello che potrebbero fare.
Se neanche i giovani aiutano i giovani allora possiamo dire di essere "alla frutta".
I nostri politici si preoccupano della fenice, come magari è giusto che sia, ma non c'è nessuno che pensa che per diventare una regione civilizzata dobbiamo puntare anche sulla crescita dei giovani. E purtroppo anche all'interno di riunioni tra giovani politicamente attivi, sono l'unica a lottare per cercare di dare voce e spazio ai giovani, per creare una vita sociale attiva che faccia crescere l'impoverimento culturale che purtroppo dilaga nelle nostre città.
Nessun politico vuole sentire parlare della crescita di consumo di droga tra i giovani lucani, eppure quei giovani potrebbe essere loro figli. Nessun politico vuole sentire parlare della difficoltà di divertimento dei nostri giovani. Nessun politico vuole sentire parlare delle possibilità che ogni giovane potrebbe avere per migliorare la regione.
E continua ad essere un paese per vecchi con le stesse facce e le stesse poltrone.

venerdì 29 luglio 2011

Relazioni Pubbliche e turismo: l'indagine Ferpi

E' targata Ferpi (Federazione Relazioni Pubbliche Italia) l'ultima indagine del luglio 2011 sul settore turistico italiano.
Un'indagine svolta tra gli operatori turistici pubblici e privati sull'intero territorio nazionale con lo strumento Monkey Survey e quindi con valore di confronto con gli operatori piuttosto che di vera e propria statistica.
Leggendo la relazione e guardando il risultato (vai qui) si evince un andamento positivo per quanto riguarda la necessità di affidarsi ai professionisti delle relazioni pubbliche.
Infatti dall'indagine ne esce, attualmente, una situazione critica e un'opinione scarsa della qualità delle relazioni turistiche, punto fondamentale per accrescere il valore e l'immagine dei posti che ci circondano.
E questo è solo il primo punto, ne escono male anche le relazioni con i media e con gli stessi turisti, una cosa che ci rende consapevoli delle sempre critiche e poco importanti (per chi fa turismo) relazioni con gli stakeholder.
Quindi un trend in crescita per gli operatori delle relazioni pubbliche che vengono richiamati all'ordine e ai quali viene chiesta non più una mera attività di comunicazione e relazione con i media ma una vera e propria attività di co-relazione e integrazione tra operatori, enti e mercato.
Ottima notizia per noi professionisti delle Rp reali, che non lavoriamo sul semplice evento o sull'ufficio stampa statico, ma che diamo al complesso filo delle relazioni un senso molto più ampio che parte dalla strategia fino ad arrivare all'operatività.
E' da questa indagine che voglio partire per fare un po' di riflessioni. Partendo dal fatto che le relazioni sono sicuramente tra i primi elementi importanti e necessari nel settore del turismo, come in quello della cultura, in Italia siamo ancora arenati ad un sistema obsoleto di comunicazione e interscambio, non dando fondi per lo sviluppo delle attività relazionali e non mettendo ai primi posti le politiche di relazione esterne piuttosto che la comunicazione e la reputazione.
Le strutture, gli operatori e le pro-loco dovrebbero affidarsi a figure professionali che hanno dimestichezza con tutti gli strumenti delle Rp, quindi bando al singolo che si occupa solo di stampa ed eventi e benvenuti chi da importanza prima di tutto al complesso governo delle relazioni con gli Stakeholder e con il mercato.

giovedì 28 luglio 2011

Email marketing trends 2011. Finalmente il sondaggio.

Cosa  pensano gli italiani dell'email marketing? Questa è una domanda che si fanno molte aziende, che grazie al sempre più diffuso utilizzo di internet e di piattaforme mobili, utilizzano sempre più spesso il marketing virale come forma di comunicazione.


Un interessante sondaggio, pubblicato da MagNews in collaborazione con Nielsen, denota un trend del molto roseo per le nuove politiche di marketing, a differenza di quanto si potesse pensare negli ultimi periodi.
Email Marketing Trend 2011. The User Experience Report  delinea uno spaccato dell'Italia e degli italiani attento e dipendente da email. Gli italiani, infatti, sono assidui lettori della posta elettronica e hanno in media 2 caselle di posta controllate costantemente a tutte le ore. Il 74% degli intervistati pensa che a oggi l'email sia indispensabile per la vita sociale e quotidiana.
Un trend più che positivo soprattutto per quanto riguarda il mondo della comunicazione. Infatti la nuova tendenza per il consumatore è preferire l'email ad altri strumenti e canali di comunicazione, che siano tradizionali o no. Infatti l'email marketing ha scavalcato di gran lunga anche gli stessi social network e soprattutto la comunicazione telefonica.
Per dirla tutta e brevemente il consumatore italiano è pronto ad aprire le vostre mail basta che siano interessanti e che ripongano maggiore attenzione e rispetto per loro, anche in base agli interessi. Quindi l'email marketing può diventare un canale decisivo e importante basta che sia gestito in modo professionale. Ricordate anche che il mittente rappresenta la motivazione prima per cui si apre l'email, quindi continuiamo a dare importanza all'immagine e alla reputazione aziendale.
Perciò aziende ben venga l'email marketing basta che sia fatto con coscienza.
E mi raccomando nella società 2.0 in cui viviamo ormai un buon 30% legge l'email e si connette tramite smartphone o tablet quindi ricordiamoci di realizzare nuove versioni di newsletter e siti apposta per i mobili.
Che il marketing sia con voi.

martedì 5 luglio 2011

Arte Società e Libertà. Welcome Rub Kandy.

E' uscito il numero 18 di Brek Magazine con l'intervista di cui vi parlavo a Mimmo Rubino, in arte Rub Kandy,
Un viaggio interessante tra street art, graffiti e arti visive.
A breve il digitale sul sito www.brekmagazine.it per scoprire tutti gli altri articoli di questo numero.


Have a brek!

martedì 21 giugno 2011

L'arte ti rende libero. Ma non troppo. Il caso del Pigneto

25 aprile 2011. 
Siamo a Roma nel quartiere del Pigneto e da lontano si vede una folla che sovrasta il ponte della ferrovia. Una manifestazione spontanea per ricordare la festa della liberazione? Non si tratta di questo. Se guardi bene in alto potrai scorgere un’istallazione di circa 4 metri completamente in metallo. Ma solo se sei arrivato prima delle 11, altrimenti troverai semplicemente dei poliziotti e una folla alla ricerca del fascista. Ma qual è il motivo di tanta indignazione che porta i telegiornali ad aprire le edizioni dell’ora di pranzo con questa notizia? 

Foto: Jessica Stewart
 
Chi ha avuto la fortuna di osservare questa istallazione con occhi limpidi, non ingannati dalle dicerie altrui o dal moralismo della società italiana moderna, si sarebbe trovato di fronte ad una scritta che per senso e forma evoca quella che campeggiava all’ingresso dei campi di concentramento; ma in seguito, avrebbe scoperto una scritta in inglese, lingua notoriamente anti nazista, che aveva l’unico scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica verso temi sociali della nostra società. 
L’artista Rub Kandy, anche lui notoriamente non un simpatizzante dei movimenti di destra, ha avuto uno spunto artistico che negli ultimi tempi è raro vedere (a meno che non vogliamo far credere che le opere d’arte contemporanea possano essere degli atti così geniali). E’ così semplice nascondersi dentro una galleria d’arte protetti dai grandi, ma portare le idee e dare uno scossone forte in strada vuol dire essere geniali, vuol dire non avere paura delle conseguenze.
E’ stato additato come nostalgico neonazista, come ciarlatano, come artista dei poveri, gli è stato puntato il dito contro perché non all’altezza di qualsiasi altro artista in quanto precario. E’ stato accusato di ricercare pubblicità facile. Ma nessuno si è preoccupato di capire realmente cosa c’era dietro questo artista e quest’opera controversa.
Tutto questo senso di indignazione è stato provocato da chi aveva bisogno di un qualcosa a cui appigliarsi per far parlare di sé; in fondo cosa c’è di meglio di un estremista di destra con idee razziste che semina panico per Roma con un’installazione per mercificare tutta la storia e mandarla in pasto all’opinione pubblica? Sicuramente di meglio ci sarebbe stato un omicidio di una minorenne, ma in quel 25 aprile c’era solo questo ad aiutare.
Si sono affannati in tanti a giudicare questa azione, ma chi erano questi tanti? Sicuramente nessuno che poteva dire di aver vissuto in prima persona l’agonia e l’orrore dei campi di concentramento, ma giornalisti, critici d’arte o presunti tali, folle e gruppi di persone che, come sappiamo bene in Italia, cercano sempre un pretesto per infangare qualcuno, anche se quel qualcuno magari sta dalla loro parte.
Conosco personalmente l’artista, e potrei dire qualsiasi cosa di lui, descriverlo in tanti modi, ma mai come un estremista di destra. Anzi, potrebbe essere più quella persona che incontri accanto al tuo tavolo nel circolo sotto casa mentre ti lamenti del lavoro che non avrai mai o della situazione precaria dell’Italia.
Ed è da qui che nasce la sua avventura, perché un artista “fa da filtro e poi rigurgita”, ha il dovere di dire quello che succede attorno. E quando, tu che sei vicino a lui, ti lamenti di vivere in un ghetto, costretto a lavorare a volte si e a volte no, come decide la società, costretto a  rinunciare ad una casa oppure a scappare perché non accettato, allora l’artista capirà che la situazione è grave, che dove vivi non è una semplice città ma è una specie di lager, dove chi decide e chi comanda è chi ha il potere e noi possiamo stare solo zitti.
Non a caso, c’è voluto pochissimo per rimpiazzare la scritta “Work Will Make you Free” con un semplice striscione che protestava contro le morti sul lavoro. E quindi mi chiedo, se  realmente fosse stata fraintesa quest’opera, non sarebbe stato meglio issare una bandiera contro il razzismo? Perché parlare di lavoro e morti sul lavoro? Semplicemente perché sin dall’inizio chi ha visto l’opera ha capito di essere di fronte ad una protesta ed essendo arrivato in ritardo ha dovuto riparare all’errore gridando al lupo.
La verità è che “Work will make you free” non è assolutamente un’opera di stampo nazista partorita da una mente estrema di destra, ma una fotografia di uno spacco di civiltà moderna in un determinato luogo. E’ così facile dare un significato così semplicistico ad una cosa di questo impatto, è tipico di chi punta il dito ma poi non attualizza.
E’ l’ennesima dimostrazione della scarsa libertà di espressione e di parola che dovremmo avere dopo anni e anni di lotta.
Ma soprattutto la cosa che mi rende più sconcertata è aver parlato così tanto di un qualcosa che realmente non c’è senza dare risalto a chi ha messo in moto questa macchina. E quindi mi inferocisco di aver sprecato almeno più di un terzo del mio articolo a parlare di una cosa così futile e senza significato.
Ho visto cose peggiori protette da 4 mura e magari preferirei che i tanti critici si soffermassero a parlare del significato ignobile e incivile di tante altre opere.
A me invece lascio l’espressione totale dell’essere, dell’io e del mondo. Quindi non posso che alzare le mani davanti ad un artista che si occupa di arte da ancor prima che nascesse, che ha aiutato a far crescere un concetto di street art che vira verso il sociale.
Un artista a tutto tondo, precario o no, pur sempre un vero artista, molto di più di quanto possano esserlo altri.


Foto: Jessica Stewart

Articolo inedito "Work Will Make You Free"

In attesa dell'uscita dell'ultimo numero di Brek Magazine con un'intervista all'artista Mimmo Rubino, in arte Rub Kandy, che racconterà la sua arte e i suoi lavori, pubblico l'articolo inedito sul lavoro "Work Will Make You Free", lavoro che ha portato Mimmo sulle prime pagine di tutti i giornali nazionali.
Per motivi di spazio e di battute l'articolo, che uscirà sul magazine gratuito lucano in questi giorni, è stato tagliato e ha dato importanza principalmente ai lavori dell'artista.
Il prossimo post è l'articolo iniziale che racconta la storia dell'istallazione romana al Pigneto, quello che è successo dietro e quello che succederà.
Non perdetevelo.


venerdì 17 giugno 2011

I'm not a Fashion Victim.

In tempi non sospetti ho avuto il piacere di intervistare per Brek Magazine Aija Barzdina, una tra le più importanti modelle "plus size" e creatrice insieme ad altre colleghe del progetto "Curvy Can".



NEgli ultimi tempi si continua a parlare del pericolo dell'anoressia. Riviste patinate e case di moda alzano la voce contro i siti pro-ana (vedi al petizione di Vogue Italia), ma in realtà nessuno ha mai avuto il coraggio di fare realmente qualcosa.
E' certo che i disturbi alimentari non sono dovuti a motivi così frivoli ma è indubbio che tante delle ragazze che fanno diete o non mangiano lo fanno per sembrare più belle agli occhi della società.
Se la moda prima riuscisse a far capire che una taglia 38 non è la normalità e dopo iniziasse a creare abiti che hanno delle forme, potremmo iniziare a parlare di un vero cambiamento.
Aija Barzdina e le sue colleghe sono delle donne bellissime, in forma, curvose e toniche. Indossano una 44 o una 46, taglie normali per l'80% delle italiane ma totalmente fuori dal comune se parliamo di moda e star system.


Le ragazze "Curvy Can" ci spiegano che loro hanno lottato contro il sistema moda, perchè non sono vittime della moda e hanno avuto successo grazie a quello che sono.
Perché sono ragazze normali come noi. Come me. E io di certo non indosso una taglia 38.

L'intervista completa è disponibile al link http://www.brekmagazine.it/ 


giovedì 12 maggio 2011

Francesco Pietro Falotico porta "Makaa Ya Mawep" al Salone del libro di Torino



Abbiamo già avuto modo di parlare in precedenza del nuovo romanzo dello scrittore lucano Francesco Pietro Falotico.
Un romanzo ingegnoso che richiama i thriller più importanti degli ultimi anni.


L’autore presenterà il suo nuovo romanzo "Username: Makaa Ya Mawep" al Salone Internazionale del Libro di Torino il giorno 16 Maggio alle ore 16, Padiglione 2, stand M 13.

Inoltre, l’ufficio stampa e comunicazione dell’autore sta preparando un tour di promozione lucano del libro, che toccherà i posti raccontati nel libro, partendo con una serata di presentazione  a Potenza.
A breve tutti i dettagli.


Per informazioni:

Ufficio stampa e Comunicazione
Andreina Serena Romano
+39 338 1700143




lunedì 2 maggio 2011

In fuga dai cervelli?

La fuga dei cervelli dall'Italia è un argomento molto critico; nel nostro paese a differenza del resto d'Europa e del mondo, il livello di crescita dei ricercatori, degli studiosi, della classe politica e imprenditoriale si attesta su livelli davvero bassi.
Al di là delle colpe varie, che nel nostro paese continuano a ricadere prima sugli uni e poi sugli altri, senza capire bene quale possa essere l'alternativa e la cura, la scena va sempre peggiorando con gli anni lasciando un paese ricco di cultura, storia e arte in uno stato d'oblio, come una bella addormentata che aspetta un salvatore che mai arriverà.
Ma ancora più sconcertante è notare che alla fuga dei cervelli si accosta la fuga dai cervelli che sembra colpire amministrazioni, istituzioni e aziende.
Lungi da me criticare o giudicare l'operato di persone ad un "grado sociale" più alto del mio, ma purtroppo negli ultimi anni ci troviamo di fronte ad un impoverimento della classe dirigente italiana, soprattutto di quella politica e pubblica. Spesso si pensa che quello de politico non sia un lavoro se non una passione, ma quanto di più lontano c'è da questa definizione? Un politico è una persone che prende in mano le sorti di un paese, è colui che grazie alle sue competenze e alle sue conoscenze può aiutare a rendere migliore un paese.
Allo stesso modo anche chi lavoro all'interno delle istituzioni degli enti pubblici e delle amministrazione tende ad essere visto come un semplice impiegato e il lavoro pubblico continua ad essere visto come un'ancora di salvezza dalla disoccupazione. Questo ci porta a confrontarci infine con questo sistema senza fine. Persone collocate in posti sbagliati e soluzioni che non si trovano mai.
A questo punto mi chiedo, meglio la fuga dei cervelli o la fuga dai cervelli? Io scelgo semplicemente la fuga.

martedì 19 aprile 2011

Talenti Lucani tra noir e descrizione




“Username: Makaa Ya Mawep” è il nuovo romanzo dello scrittore lucano Francesco Pietro Falotico edito da Zona Contemporanea.
E’ un libro che accompagna alla scoperta dei luoghi più nascosti della Basilicata, piccoli paesini con le loro storie, non abituati a vivere complotti internazionali, popolati da famiglie e da persone abituate alla routine, alla calma e alla riservatezza.
Quest’autore riesce a portarci dentro un vortice di accadimenti che stroncheranno la tranquillità delle vite dei suoi personaggi. Un viaggio nel tempo e nello spazio per scoprire drammi familiari, bugie  e malavita.
Una piacevole lettura moderna, d’impatto e piena di suspense che porterà il lettore prima a conoscere una regione ancora poco conosciuta, ma piena di ricchezze, ed in seguito a far parte della storia, cercando una soluzione e scoprendo le fitte trame che collegano tra loro personaggi, città e nazioni.
Francesco Pietro Falotico ci porta dentro una serie di accadimenti paralleli collegati tra loro; una narrazione che lascia il lettore sbalordito e lo porta ad inseguire un assassino sconosciuto e scovare un personaggio fantasma che si fa chiamare Makaa ya mawep.
Tanti personaggi diversi tra loro, accomunati da un destino ormai scritto, tra cui spicca il Tenente Lacava, un Montalbano dei giorni nostri tutto lucano che si ritrova ad indagare su omicidi seriali che hanno una sapore internazionale.
Un viaggio attraverso la Lucania seguendo le tracce di uno strano personaggio. Una narrazione scorrevole e piacevole. 
Descrizioni che portano il lettore dentro i paesini a scoprire la loro storia.
L’autore si sofferma, infatti, con cenni storici su ogni paese e città della nostra regione. Ne racconta gli accadimenti e ne risalta le caratteristiche. 
Un pionere della terra lucana, insomma, appassionato di noir e storia.

“Username: Makaa ya maep (Terrore Lucano)” il romanzo d’esordio di un autore ancora da scoprire: Francesco Pietro Falotico.
L'autore del romanzo sarà presente al Salone Internazionale del Libro di Torino il giorno 16 Maggio alle ore 16, Padiglione 2, stand M 13


Per Informazioni: 
Ufficio Stampa
Andreina Serena Romano
info@asrmedia.it

Ai giovani l'ardua sentenza.



La forza di un Paese è data dalle persone che ci vivono, ma soprattutto dalla voglia e dal coraggio di chi ha le competenze e le capacità per creare qualcosa di buono.
I giovani sono una risorsa molto importante, grazie alla loro innata creatività e ad un modo di pensare libero dagli schemi. Ce lo insegnano le maggiori realtà europee e mondiali che investono ogni giorno nella formazione e nella crescita delle nuove generazioni.
In Italia il sistema è diverso. I giovani continuano a deambulare tra passato presente e futuro mentre gli ultra sessantenni continuano ad andare avanti per molti anni ancora senza lasciare spazio.
Quella dei giovani in Italia, e soprattutto al Sud, è una situazione molto critica: tanti sono i precari, tanti i disoccupati ma soprattutto pochi quelli che davvero vogliono mettersi in gioco.
Purtroppo siamo segnati da una mentalità sociale dove puoi andare avanti solo con il lavoro fisso a tempo indeterminato e magari in un'ente della pubblica amministrazione. Niente di più sbagliato. Purtroppo la povertà del nostro paese è data prima da una povertà intellettuale oltre che innovativa nel campo del lavoro in seguito da una cattiva se non pessima amministrazione.
In America i giovani investono sugli studi e in seguito sulla professione, creano piccole imprese o investono su loro stessi. In Italia i giovani si fanno coccolare dal'Università e poi aspettano davanti a un computer che gli arrivi un lavoro.
Se è vero che i giovani sono o potrebbero essere la rinascita e la futura crescita dell'Italia, allora è arrivato il momento di iniziare a pensare in modo alternativo. Basta fermarsi ad aspettare un lavoro; quando questo non viene dobbiamo metterci in discussione e credete in noi stessi.
Siamo noi l'innovazione. Ma soprattutto siamo noi il nostro futuro. Creiamolo e viviamolo.

lunedì 18 aprile 2011

A tutta Danza

Il 29 aprile in occasione della V Giornata Nazionale della Danza, il Centro Danza Maeva organizza una serata al Teatro F. Stabile di Potenza.
Ingresso dalle ore 19.30 - sipario ore 20.00
NON MANCATE.

lunedì 21 febbraio 2011

In questo mondo 2.0 dove tutti pensano di poter fare tutto.

Capita spesso per noi esperti di comunicazione e professionisti delle Relazioni Pubbliche, di avere difficoltà a spiegare il nostro lavoro. Siamo più spesso etichettati come addetti stampa, pr, pubblicitari, ma dietro la figura di un esperto in comunicazione c'è molto altro.
Prima di tutto ci sono anni di studio, perché chi si occupa di comunicazione e marketing deve occuparsi anche di strategia aziendale, budget, piani di comunicazione e progetti più ampi. Quindi per fare questo una base bisogna averla.
Un "comunicatore" non è la persona che si occupa di organizzare le feste e le Relazioni Pubbliche (non Pubbliche Relazioni) non sono attività da discoteca. Ch si occupa di rp e pa (public affairs) si interfaccia con istituzioni e stakeholders e deve sapere quali sono le regole per farlo.
La nostra figura è quella a cui un'azienda o un ente o un'istituzione o una singola persone dovrebbe fare sempre riferimento se vuole farsi conoscere. Noi possiamo creare una strategia reale e scoprire cosa va o cosa non va.
Uno dei problemi che più spesso si vedono ora è quello della presenza sul web. Molte aziende non sanno realmente cosa questo comporti ma soprattutto quali studi possono esserci dietro. Si affidano spesso a singole persone esperte di grafica senza pensare che prima di arrivare alla grafica del sito e alle caratteristiche informatiche bisogna fare uno studio ed analizzare. Per questo la mediazione di un esperto è molto importante: ti aiuta a delineare le linee guide che poi passa a chi manualmente si occupa di sviluppare il sito. Questo comporta una sicurezza maggiore per le aziende e la sicurezza stessa del grafico, che avrà un brief perfetto da cui partire.

martedì 15 febbraio 2011

Questa non è una città per giovani.

Se potessimo fare un documentario su Potenza questo potrebbe essere il titolo adatto ad una storia ormai vecchia che dura da prima che io nascessi.
La mia non vuol tanto essere un’invettiva verso la politica o l’amministrazione cittadina, né tantomeno una nota di rabbia verso chi non ha interesse ad elevare culturalmente questa città. Semplicemente vuole essere una riflessione pubblica su quanta strada abbiamo ancora da fare per essere una vera città capoluogo.
Come prima cosa, bisogna ricordare che una città metropolitana, non diventa tale semplicemente utilizzando fondi europei per realizzare una linea metropolitana, ma in più ampia scala dovrebbe offrire una serie di servizi ai cittadini e a voglia visitarla.
Un piccola città di 70.000 abitanti, com’è Potenza, potrebbe non aspirare ad essere una grande città ma semplicemente potrebbe far fiorire quello che ha di nascosto e puntare sulla qualità, piuttosto che sulla quantità. Ma purtroppo fino ad ora, ancora non è stato compreso che la nostra città e in ampia scala tutta la nostra regione, potrebbe essere una vera fonte di ricchezza, se solo qualcuno iniziasse a capire come amministrare fondi e ricchezze che rispettivamente da anni e da secoli abbiamo a disposizione.
Spesso me la sono presa con i giovani, colpevoli di lamentarsi di una città orribile che non offriva loro niente, invogliandoli ad occuparsi in  prima persona delle attività della città.
Adesso senza vergogna devo chiedere scusa a quei giovani che pur lottando si sono visti porte chiuse in faccia. Qui i ragazzi hanno tanta voglia di fare ma non hanno le basi per poterlo fare, anche se più che di basi parlerei di agganci, appoggi e spazi.
I pochi posti in città che davano spazio ai giovani subiscono costantemente una lotta da parte di altri professionisti dello stesso settore che, come capita spesso a Potenza, invidiosi della vittoria di una fazione devono subito trovare agganci per farla cadere con uno sgambetto improvviso. O si ritrovano oberati di controlli su piccoli ed inutili dettagli, mentre magari a 50 metri c’è qualcosa di più importante da controllare.
Così un circolo che si apre ai giovani, offrendo aperitivi letterari, concerti e serate a tema, in un ambiente dove si assapora cultura allo stato puro, dove puoi chiacchierare di arte, politica, sociale e musica fino a tardi, dove puoi dare ai ragazzi la possibilità di vivere delle ore al sicuro, viene messo alle strette con veri e propri discorsi “da bar”. 
Ci si lamenta dell’incremento degli alcolizzati e dei tossicodipendenti. Ma non si fa niente per trovare soluzioni valide per affrontare tali problemi. Sembra un  po’ la storia del carcere che invece di nobilitare un uomo che ha perso la strada, tende ad incrementare la sua predisposizione a delinquere.
In una situazione critica come la nostra, in una città senza sbocchi e senza idee, dove l’unica cosa che puoi fare è stare buttato in mezzo alla strada e la tua unica soluzione è bere una birra o fumare uno spinello come possono crescere i vostri figli, come possiamo andare avanti noi giovani?
Di ragazzi giovani che fanno uso di droghe ce ne sono tantissimi, e  anche se si voleva nascondere fino ad ora è arrivato il momento di dirlo: tanti ragazzi fanno uso di droghe, dalla cocaina all’eroina, e molti di loro sono già sulla buona strada dell’alcolismo.
Vogliamo lasciarli buttati così per strada o vogliamo offrire loro un futuro vero?